Molte sono le varietà fungine presenti nei
boschi dell'Etna, dei Nebrodi e delle Madonie ma anche nei
parchi cittadini e nei litorali marini dove tra l'altro è
possibile raccogliere molte specie interessanti anche da un
punto di vista gastronomico. Comunemente si pensa che questi
strani vegetali prediligano i boschi alle alte quote, ed invece
essi sono ,come si può dire anche tra noi, qui in un piccolo
spazio del nostro giardinetto o vicino l'orto poco curato del
nostro vicino, oppure su una ceppaia oramai dimenticata.In ogni
caso sempre impreziosendo, con un tocco particolare, il luogo in
cui essi hanno scelto di vegetare. Vi sono certamente funghi,
per noi molto comuni ma assolutamente rari e addirittura
sporadici al Nord Italia. Il nostro clima mediterraneo favorisce
la crescita di molti boleti (funghi a tubuli e pori), i vari
func'i siddu, lardara (Boletus
aestivalis
e
Boletus aereus
), funci d'ogghiu
(Boletus
impolitus
)i, muss'i voi (Boletus
rhodoxanthus
,
Boletus luridus),
func'i vacca(Leccinum
lepidum
), funci d'arbaneddu
(Leccinum
aurantiacum
), func'i vidudda
(Leccinum scabrum
).
Queste specie sono comunissime sull'Etna; il B.
aestivalis è la specie più ricercata dai buongustai poiché
possiede una carne molto profumata ed un aroma particolare che
si sprigiona con la cottura, ma anche da crudo possiamo
considerarlo una leccornia tagliato a fettine sottili e condito
con pochi aromi in insalata o adoperato per grattugiarlo sulla
pasta; bisogna precisare che le specie che crescono sul terreno
lavico hanno poi un sapore diverso, molto più aromatico rispetto
a quelle che troviamo sui Nebrodi o sulle Madonie.Sulle montagne
del messinese e del palermitano, la specie prevalente è il
Boletus aereus che rispetto al precedente presenta un cappello
di color bronzo ed un gambo più scuro; anche se la carne è meno
profumata è comunque un eccellente commestibile assai ricercato
ed apprezzato. Un fungo tipico dei castagneti e dei querceti
etnei è il Boletus impolitus comunemente chiamato
funciu d'ogghiu
per il colore giallino dei pori, è una buon commestibile, a
questo però spesso i raccoglitori locali preferiscono il Boletus
rhodoxanthus e B. luteocupreus chiamati genericamente
muss'i voi
specie
tossiche che contengono una emolisina termolabile inattivata a
70-80 °C; Ogni tanto però qualche sprovveduto finisce al pronto
soccorso dopo aver consumato questi funghi poco cotti o alla
brace, senza cioè previa sbollentatura. Sono generalmente
intossicazioni di tipo gastrointestinale non gravi che in genere
si risolvono spontaneamente e senza reliquari, possono però dare
preoccupazione in soggetti particolarmente defedati o in bambini
e persone anziane. Assai più temibile l'intossicazione da
Amanita phalloides
e
Amanita verna
intesi comunemente con il nome
generico di
func'i cani.
La prima assai diffusa soprattutto nei boschi dei Nebrodi sotto
latifoglie, Castagno e Quercia, ma anche in boschi misti con
aghifoglie; è un fungo di dimensioni medio-grandi con cappello
di circa 10-15 cm di diametro di colore verdino, giallo-verdino,
grigio-verdastro, olivastro, parte fertile costituita da lamelle
di colore bianco, gambo biancastro,cilindrico, con anello a
gonnella inserito nei due terzi superiori,bulboso alla base,
dove è presente una formazione avvolgente bianca chiamata volva,
Le tossine contenute in questa specie sono altamente tossiche
infatti già una quantità di 30-40 g. sono in grado di provocare
la morte di un uomo di circa 70 Kg. I principi attivi hanno come
organo bersaglio le cellule epatiche e renali con conseguente
necrosi e danno irreversibile. La A. verna ha gli stessi
principi tossici ed è un fungo che nei boschi dell'Etna
fruttifica dal mese di Aprile al mese di Giugno,
morfologicamente simile alla precedente è però completamente
bianca in tutte le sue parti e riteniamo sia una specie molto
più pericolosa poiché si presta facilmente allo scambio con
funghi bianchi come i gli Agaricus
(prataioli)
, Lepiote (cappedddini)
e la Volvaria speciosa (func'i
pagghia).
Alcuni anni fa si sono registrati
due casi mortali, uno a Riposto ed un altro a Giarre.
Altre specie tossiche ma meno pericolose per
le conseguenze causate dalla loro ingestione sono
l'Amanita pantherina
e
L'Amanita
muscaria
comunissima la prima in ogni tipo di
habitat, la seconda nei betulleti etnei dove raggiunge taglie
eccezionali in compagnia di
Sarcodon leucopus
specie gigantesca di colore marrone con imenoforo
costituito da aculei e carne con odore di cicoria torrefatta,
Leccinum scabrum
(
func'i
vidudda
),
Suillus luteus
(func'i zappinu).
Un'altra specie con carne molto profumata è
il
Cantharellus
cibarius
dal colore giallo-arancio, pieghe
grossolane decorrenti sul gambo al posto delle lamelle, carne
molto compatta, bianca con intenso odore di frutta; le
dimensioni del cappello vanno dai 4 ai 9 cm di diametro ma
esistono sull'Etna degli esemplari enormi con cappello oltre i
20 cm. Si tratta di una specie molto apprezzata e ricercata,
chiamata volgarmente
cricchia di iaddu, gallettu,
la carne è bianca
difficilmente attaccata dagli insetti, cresce esclusivamente
sotto latifoglie.
Comunque il fungo più comune in tutti i tipi
di bosco dell'Etna è la
Russula chloroides
(func'i cani)
che presenta cappello umbutiforme, bianco, fino a 30 cm e più di
diametro , in alcuni tratti addirittura infestante, spesso
appena erompente dal terreno con questo grande cappello
crateriforme il cui bordo rimane a lungo involuto.
Non molto comune ma presente, anche se meno
rappresentata che sui Nebrodi l'
Amanita caesarea
(funciu d'ovu)
ritenuta dagli esperti il miglior fungo commestibile. Ha un
cappello rosso-arancio con bordo finemente striato, lamelle
gialle, gambo con anello a gonnella di colore giallo, volva
bianca alla base del gambo. Questo fungo nel primo stadio di
sviluppo è completamente racchiuso in un involucro bianco che
rappresenta il velo generale del fungo e si presta ad essere
confuso con l'ovolo della mortale A. phalloides che ha una forma
leggermente differente con la parte più allargata in basso e la
punta in alto al contrario di quello dell'A. caesarea che ha la
punta in basso e la parte più larga in alto. Viene preparato
allo stado crudo tagliato a fettine sottili e condito con poco
olio ,aglio, scagliette di parmigiano e qualche goccia di olio,
servito poi freddo, come antipasto, si può impreziosire
mischiando al tutto dei pezzetti di Boletus aestivalis.
Quando la stagione volge al termine, prima
della caduta della neve, alla base dei tronchi di Quercia si
trova una specie fino a poco tempo fa ritenuta ottima
commestibile ma ora guardata con un po' di diffidenza dopo che
sono stati registrati dei casi di intossicazione di lieve
entità:
Armillaria
mellea (chiodinu,
func'i cerza).
Questo fungo che si comporta sia da saprofita
che da parassita, si ritrova infatti sia su alberi viventi che
su ceppaie, si presenta a cespi enormi e nel periodo tardo
autunnale colonizza i limoneti a bassa quota (
func'i lumia
).
Infine un cenno sui funghi che possiamo
trovare nei prati, nelle radure:
Marasmius oreades
(gambeseccche),
Lepista
nuda
(violettu),
Pleurotus eryngii var.
feruale
(func'i
ferra).
Il M. oreades di colore avana chiaro è un
fungo di piccole dimensioni che cresce tra l'erba nei luoghi
aperti, assolati e forma i cosiddetti cerchi delle streghe, il
cappello e morbido e cedevole mentre il gambo è fibroso, si
consuma infatti soltanto il cappello; la Lepista nuda, buon
commestibile, possiede un bel colore violetto in tutte le sue
parti, cresce ai margini dei boschi sia in pianura che in
montagna, emana un leggero odore anisato, la carne è
bianco-lilacea, piuttosto tenera nel giovane esemplare; la
particolare colorazione sconsiglia i praticoni dal consumare una
tale specie per paura che i funghi con carne non bianca possano
essere tossici; al contrario carne perfettamente bianca, soda,
compatta, elastica possiede il Pleurotus eryngii var. ferulae
molto ricercato dagli abitanti di Randazzo, Maletto e Bronte che
ben apprezzano le ottime doti gastronomiche; le caratteristiche
più importanti per il riconoscimento di questa specie sono le
lamelle bianche nettamente decorrenti sul gambo e l'habitat
tipico su radici di Ferula communis.
Vi sono ancora moltissime altre specie poco
conosciute dai raccoglitori “professionisti”, i cosiddetti
funciari
, che
possono essere utilizzate a scopo gastronomico e che spesso
diventano fondamentali nella preparazione del famoso risotto ai
funghi dove le giuste dosi di varie specie contribuiscono in
maniera fondamentale al gusto della pietanza. Bisogna inoltre
precisare che la tossicità di alcune specie dipende solamente
dal loro corredo cromosomico e quindi sono da sfatare tutte le
leggende che da tempo si tramandano per cui una specie diventa
tossica se vicino a scarpe vecchie o chiodi arrugginiti, queste
specie tra l'altro non fanno annerire l'aglio nella cottura né
fanno diventare scuro un cucchiaino di argento.
L'utilizzo dei funghi in cucina prevede una
serie di accorgimenti necessari sia per evitare spiacevoli
inconvenienti sia per esaltare il sapore di questi curiosi
vegetali. Innanzitutto bisogna scartare gli esemplari troppo
vecchi o imbevuti d'acqua così come alcune parti del fungo che
risultassero troppo fibrose o coriacee: il gambo di Armillaria
mellea, Macrolepiota procera etc. I Lycoperdon (vesce, pirit'i lupo, fung' i tabaccu) vanno consumati
quando la carne è completamente bianca; il Coprinus comatus (func'
i nchiostru) è ottimo commestibile finché le lamelle
sono completamente bianche, è invece da scartare quando queste
cominciano a diventare rosa o nerastre.
In alcune specie è necessario togliere la
cuticola del cappello (Suillus luteus, Suillus granulatus etc.)
perché indigesta. Vi sono poi specie che, tossiche allo stato
crudo, diventano commestibili dopo cottura poiché contengono
tossine termolabili che vengono rese inattive dal calore
(Boletus luridus, Boletus erythropus, Morchelle, Amanita
rubescens, etc.).
Qualche specie può anche essere consumata
cruda, tagliata a fettine sottili e condita con pochi aromi
(Boletus aestivalis, Amanita cesarea, Russula virescens,
Coprinus comatus).
I funghi devono essere accuratamente puliti
dalla terra con uno strofinaccio umido e, a seconda della loro
consistenza, possono anche essere passati velocemente sotto
l'acqua corrente.
N.B.: La
presente nota e la documentazione fotografica, riportata
nell'album, sono state gentilmente fornite dal Dr. Leonardo La
Spina, dell'Associazione Micologica Bresadola, Riposto.
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