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Negli ultimi tempi la sua importanza economica ha subito un drastico ridimensionamento a causa anche degli attacchi parassitari, come il "cancro corticale" (Endothia parasitica) e il "mal dell'inchiostro" (Phytophthora cambivora) che inesorabilmente causano la morte della pianta, ciò ha reso necessaria la sostituzione con altre specie resistenti di origine asiatica.Il castagno lo ritroviamo sull’Etna nella fascia, tra i 1000 e i 2000 metri di quota, che è caratterizzata da una vegetazione in cui prevalgono oltre i castagneti, i boschi di querce caducifoglie, le pinete e, a quote più elevate, le faggete che, al di sopra dei 2000 metri, lasciano il posto ai colorati pulvini dell’Astragalo dell’Etna (Astragalus siculus Biv.), specie endemica etnea. Sull'Etna sono presenti alcuni esemplari di notevoli dimensioni; fra questi citiamo il Castagno dei Cento Cavalli e il Castagno la Nave (chiamato anche Castagno S. Agata o Arrusbigghiasonnu). Il Castagno dei Cento Cavalli, situato nei pressi di S. Alfio, rappresenta una delle più belle realtà naturalistiche della provincia di Catania, famoso nel mondo per la sua età o per le sue dimensioni. Il suo nome si deve all’avventurosa regina Giovanna I d’Angiò (che, in verità, non fu mai in Sicilia). Secondo una leggenda, durante una battuta di caccia sull’Etna, venne sorpresa da un tremendo temporale e che trovò rifugio, con tutto il suo numeroso seguito costituito da cento cavalieri, proprio sotto il gigantesco castagno. L’albero è costituito da tre grandi fusti che misurano rispettivamente 12, 20 e 22 metri di circonferenza, i quali sarebbero i resti del tronco preesistente. La possibilità che potesse trattarsi di un unico albero, tuttavia venne messa in discussione dai tanti viaggiatori che passavano da lì; tra questi ricordiamo Brydone e Riedesel. Il canonico Giuseppe Recupero, facendo scavare attorno all’albero, confermò che si trattava di unica pianta; i vari rami erano uniti laddove la terra li ricopriva. Il primo studio scientifico del gigantesco castagno viene effettuato dal botanico palermitano Filippo Parlatore (1816-1877). Questi attribuì all’albero etneo “presuntivamente” l’età di quattromila anni. Una recente appropriata analisi genetica, con ricerca dendrocronologia, ha fissato l’età in non meno di 2000 anni.
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