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     Il vino nell'alimentazione (*)  

Il vino è ritenuto dagli igienisti un "alimento" energetico, complementare, di risparmio e nutriente.

- energetico, in quanto il suo contenuto in alcool etilico (circa il 10-12%) libera 7 calorie per ogni grammo.

- complementare in quanto, da solo si presenta insufficiente a sopperire totalmente alle esigenze vitali del nostro organismo.

- di risparmio in quanto le calorie derivanti dall'ossidazione dell'alcool sono utilizzate per coprire circa la metà del consumo basale senza produrre extracalore. Si ha dunque un risparmio di sostanze nutritive per cui il vino può a ragion veduta essere considerato nutriente.

Il vino è parte integrante della dieta dei popoli mediterranei, non tanto per volontaria abitudine, quanto per spontanea appetibilità, digeribilità, assimilabilità e possibilità di scindersi in prodotti più semplici, solubili e metabolizzabili.

Il vino, antica bevanda mediterranea, è oggi di grande attualità anche in virtù dei suoi valori culturali, sociali e simbolici. Simbolo di civiltà, ha accompagnato l'uomo sin da quando si è legato stabilmente alla terra, permeandone la cultura, ispirando poeti, pittori, scultori, musicisti e pensatori. Il vino si è sempre bevuto e si continua a bere per molteplici ragioni: perché piace, perché nutre, perché disseta, perché è un alimento, in particolare perché è un prodotto della natura, è un'abitudine familiare, completa il pasto, arricchisce la mensa di colore, di fantasia e di festa. Fin dall'antichità si è molto parlato del vino. Secondo Cicerone, la parola vino deriva da VIS, sinonimo di virilità.

Nell'Antica Grecia, il sommo Fiatone "mentre proibiva severamente l'uso del vino ai non ancora diciottenni e proibiva di ubria­carsi a chi non aveva ancora raggiunto i 40 anni, comandava ai vecchi di bere e li perdonava se giungevano all'ubriachezza. Nel Canone medico di Avicenna, il grande medico e filosofo arabo vissuto tra la fine del X secolo ed il principio dell'XI, si legge che il vino si deve riservare non agli stolti, naturalmente intemperanti, ma alle persone intelligenti che, nella loro saggezza, sono capaci della necessaria moderazione. A Martin Lutero si attribuisce il detto: "Chi non ama il vino, le don­ne ed il canto è uno stolto e tale resterà per tutta la vita". Stolto è dunque chi abusa del vino, ma stolto è anche colui che non fa uso del vino perché non lo ama. Ciò è tramandato a noi dagli antichi ed è confermato oggi dalla scienza moderna. Il vino, da sempre, è stato ed è ancora oggetto di esaltazione a volte fanatica e di denigrazione feroce. Da alcuni il vino è ritenuto il più nobile ed i! più gratificante degli alimenti, considerato addirittura un farmaco miracoloso; da altri invece, condannato come una droga, un veleno potente e micidiale. È certo che il vino può essere l'uno e l'altro e ciò in dipendenza dell'uso che se ne fa. Un uso corretto e necessariamente moderato esplica sicuramente effetti benefici, mentre un uso scorretto, cioè l'abuso altrettanto sicuramente provoca effetti dannosi e spesso deleteri.

Esistono, quindi, validissime ragioni per bere vino, ma ne esistono altrettante ed altrettanto valide per non abusarne. È quindi indispensabile saper bere, saper cioè QUANTO, COSA, QUANDO e COME si può bere. Il saper bere fa parte del saper vivere, allo stesso titolo del saper mangiare. Se si dovesse definire l'arte del bere, si potrebbe dire che obbedisce a due regole, la MISURA ed il BUON GUSTO, che si possono riassumere in BERE POCO ma BERE BENE; ed ancora bere poco per trarne profitto a lungo. È osservando queste regole che l'uomo può imparare a bere in modo civile. Il bere in modo civile, esige MODERAZIONE, PRUDENZA ed AUTOCONTROLLO.

 

Dal punto di vista della fisiologia umana, l'alcool etilico contenuto nel vino, viene assorbito dallo stomaco e dal primo tratto dell'intestino, quindi, passa nel sangue in 15-30 minuti a digiuno ed in 1-3 ore a stomaco pieno. L'assorbimento è più lento se lo stomaco è pieno di cibi a base di farinacei e ricchi di grassi. L'assorbimento è più lento nei vini rossi rispetto a quelli bianchi. L'alcool etilico non richiede digestioni e scissioni, è una molecola piccola, neutra, idrosolubile per cui è assorbito in modo rapido da tutto il tratto gastrointestinale mediante un processo di semplice diffusione.

A digiuno circa il 20% della singola quantità di alcool ingerita è assorbita dallo stomaco, la restante passa rapidamente al tenue, dove viene altrettanto rapidamente assorbito. Dopo una singola dose di alcol etilico ingerito, l'assorbimento è completo al 90% entro un'ora, mentre la massima concentrazione ematica è raggiunta in quaranta minuti. L'alcolemia torna a zero entro 8-10 ore. Il cibo nello stomaco rallenta l'assorbimento dell'alcol in quanto prolunga il tempo di svuotamento dello stesso ed inoltre perché copre in parte la mucosa, rallentandone in tal modo la diffusione.

La distribuzione dell'alcol nell'organismo umano è proporzionale al contenuto d'acqua nei vari tessuti. Una piccola quantità di alcool etilico è eliminata per diffusione nell'area alveolare pol­monare. A polmoni sani, l'alcol contenuto negli alveoli polmonari è in equilibrio con quello che vi è nel sangue e su tale princi­pio sono basati gli etilometri.

Dal punto di vista del metabolismo umano, l'alcool etilico è tra­sformato nel fegato in aldeide acetica, la quale viene ossidata in acetato o in Acetil Coenzima A, il quale a sua volta entra nel ciclo degli acidi tricarbossilici per una ulteriore ossidazione in C02 e H20. L'ossidazione dell'aldeide acetica avviene ad opera di un enzima secreto dal fegato, chiamato alcool-deidrogenasi.

La velocità del metabolismo dell'alcool etilico non aumenta pro­porzionalmente alle quantità ingerite. Tale velocità è costante sui 100 milligrammi per Kg e per ora cioè di 7 grammi l'ora (168 gr. al giorno) per un individuo di 70 Kg di peso. L'utilizzazione metabolica dell'alcool si ha nell'organismo dell'uomo per dosi che non debbono superare 1 gr per Kg di peso nella giornata (max gr. 35 per ciascuno dei due pasti giornalieri). Tale dose rappresenta un massimo di una bottiglia di vino da cl. 75 di vino al 10% di alcol nell'arco della giornata, per gli uomini. La dose si ricuce a cl. 50 per le donne, in quanto a livello epatico, sono meno dotate dell'enzima alcol-deidrogenasi.

In dosi superiori (alcolismo), l'alcool viene ossidato attraverso vie metaboliche anormali, che comportano un dispendio di sostanze azotate e conseguenti distruzioni cellulari (legate alla complessa azione dei radicali liberi).

Molteplici sono le cause che conducono al vicolo cieco dell'alcolismo cronico, come ad esempio l'ignoranza legata al ma­linteso concetto che l'alcol dia forza e potenzi gli stimoli fino alla ricerca del piacere e dell'evasione dal mondo circostante.

Secondo alcuni psicoanalisti il piacere patologico del bere rap­presenterebbe l'equivalente erotico sostitutivo della donna.

A parte ciò non vi sono dubbi che un ruolo importante nella diffu­sione dell'alcolismo è giocato dalla miseria, dall'ignoranza e dalla ricerca di sensazioni piacevoli che l'alcol può determinare ridu­cendo la soglia della sensibilità al dolore fisico e psichico, arre­cando, almeno momentaneamente una felicità che poche altre fonti possono dare. Per questo, spesso, l'alcolista abbandona la famiglia e anche la realtà per dedicarsi alla ricerca di sensazioni piacevoli effimere che l'alcol provoca. Il vino diventò un problema sociale soltanto nella seconda metà dell'800, quando milioni di persone furono sradicate dai ritmi lenti e rassicuranti della campagna per essere proiettati nel sistema spersonalizzante e frenetico creato dall'industrializzazione. Per molta gente l'unico modo per dimenticare il degrado e la perdita d'identità divenne consumare vino, una "droga a buon mercato", la più comoda e facilmente reperibile. Il parallelismo tra bevitore di vino ed alcolizzato fino a pochi anni fa é stato automatico, ed é stato utilizzato come spauracchio, contribuendo a creare una fobia da parte di molti consumatori nei confronti di questa bevanda.

 

La reale importanza del vino nell'alimentazione non risiede tanto nell'apporto calorico ed energetico, quanto in una serie di azioni complementari di non secondario interesse per il funzionamento generale del nostro organismo, svolte da alcuni componenti (circa 300) del vino ed in particolare dall'alcol etilico.

Per quanto riguarda gli effetti fisiologici del vino, esso svolge un'azione eupeptica e stomacica nell'apparato digerente, stimola la secrezione salivare favorendo la digestione dei cibi amidacei, stimola la secrezione gastrica di acido cloridrico e pepsina, promovendo la digestione delle proteine, sia con un mecca­nismo diretto sulla mucosa gastrica, sia con un meccanismo indi­retto mediato da riflessi psicosomatici, agendo sul nervo vago. Sul fegato il vino stimola la produzione della bile e ne facilita lo svuo­tamento nel lume intestinale, facilitando la digestione dei lipidi.

A dosi moderate non esercita effetti tossici sulle cellule epatiche, tuttavia se il fegato è sofferente per malattie acute o croniche (cirrosi epatica), può determinare un peggioramento della malattia anche a dosi normali, in particolare se associato ad alimentazione scarsa e non equilibrata.

Il vino può essere impiegato felicemente nella dietoterapia della "gotta" per le sue proprietà alcalinizzanti e diuretiche. Stimola la diuresi agendo su un ormone chiamato vasopressina, inibendolo e favorendo in parte l'eliminazione delle scorie azota­te.

I vini bianchi sono più diuretici di quelli rossi.

Il vino contribuisce a ridurre la calcolosi biliare. Le qualità antisettiche del vino rosso sono state ribadite da recenti ricerche che hanno provato come il vino rosso sia in grado di uccidere i germi del tifo, il colibacillo, le salmonelle ed altri. Gli effetti antisettici dei vini rossi sono particolarmente preziosi contro l'influenza. La sua azione battericida è dovuta anche alla malvidina presente negli antociani (coloranti dei vini rossi).

Inoltre il vino mantenuto nella dieta per tutto il periodo della con­valescenza, favorisce il più pronto recupero delle forze. I nostri nonni hanno sempre curato le malattie da raffreddamento con abbondanti libagioni di vino rosso riscaldato (vin brulé). Oggi dopo tante scoperte, per la cura dell'influenza possiamo ancora ritenere valida la cura dei nostri avi. È stato infatti osservato sperimentalmente che i virus messi a contatto con il vino rosso trovano ostacoli a moltiplicarsi e conseguentemente non danno luogo ad effetti lesivi sulle cellule del nostro organismo.

Il meccanismo d'azione protettiva del vino nei confronti dei virus deriva dal fatto che i tannini complessano le sostanze proteiche, che sono i costituenti fondamentali dei virus, denaturandole.

La scoperta di proprietà preventive contro l'arteriosclerosi esple­tate dal vino, sono il risultato di ricerche condotte dalla Organiz­zazione Mondiale della Sanità e da Ricercatori inglesi e america­ni. Queste ricerche hanno portato alla conclusione che la mortali­tà per infarto al miocardio raggiunge tassi più bassi presso le po­polazioni che consumano vino abitualmente.

Di tale azione protettrice sono responsabili i polifenoli, cioè le catechine, i flavoni, le procianidine ed il resveratrolo. Il vino, quindi, aiuta a prevenire le trombosi, le embolie, l'infarto e l'ipertensione dilatando i vasi, grazie anche all'azione ipocolesterolemica, e anti-arterosclerotica.

I polifenoli, fissandosi sulle arterie, inibiscono la degra­dazione delle proteine di struttura della parete interna dell'arteria, proteggendone la solidità e l'elasticità, evitando la penetrazione dei lipidi. Per quanto riguarda la depurazione del colesterolo contenuto nel sangue, che può essere di origine endogena cioè sintetizzato dal nostro organismo od esogena cioè proveniente dagli alimenti, i polifenoli, che contengono i fattori vitaminici P (Vit. C2), che svolgono un'azione antiemorragica e protettiva sui ca­pillari, ossia gli oligomeri flavonilici (leucocianidolo), rappresentano dei cofattori della Vitamina C, cioè la economizzano e ne raffor­zano l'azione deputata alla depurazione del sangue.

Facilitando l'azione della Vitamina C, il vino accelera la depura­zione del colesterolo, opponendosi ai depositi adiposi che inva­dono le placche arteromasiche. In più, numerosi studi clinici ed epidemiolagici hanno dimostrato che il consumo moderato, ma costante, di vino determina un significativo aumento dei livelli delle lipoproteine ad alta densità (HDL), veri e propri spazzini delle nostre arterie.

J. Masquelier ha dimostrato che l'alcol e soprattutto le catechine stimolano la produzione di prostaglandine che svolgono un'azione protettiva anti-ulcerosa sullo stomaco inibendo la for­mazione dell'enzima istidin-decarbossilasi con riduzione della liberazione di istidina da parte della mucosa gastrica.

Da non sottovalutare è il ruolo di catalizzatori dei microelementi presenti nel vino nell'attivazione degli enzimi. Le sostanze minerali apportate dal vino rivestono grande importanza per il nostro or­ganismo, in quanto concorrono alla formazione di cellule e tessuti, ossa, sangue, nervi ed inoltre neutralizzano l'azione nociva di al­cuni acidi (iperacidità) nello stomaco rinforzando il potere tam­pone e garantiscono al sangue la sua alcalinità. L'acido succinico è uno stimolante della respirazione muscolare. La glicerina oltre alle proprietà lassative, favorisce la secrezione biliare.

 Il vino esercita un'azione positiva anche sull'umore, sul carattere e sul temperamento dell'uomo. Nelle giuste dosi promuove una maggiore confidenza con se stessi, migliorando il comportamento e fornendo sicurezza. Ha inoltre la proprietà di diminuire il senso della paura, dell'ansia e della tensione emotiva. Determina un effetto favorevole sul tono dell'individuo con un miglioramento dei rapporti con il proprio "io", facilitando gli scambi comunicativi.

L'azione ansiolitica del vino che mitica l'ansia e la blocca, deriva dalla reazione tra l'alcol e le sostanze oppiacee endogene come la serotonina e le catecolamine, sostanze che aiutano il nostro cervello ad avere un umore più positivo. Non a caso la serotonina è chiamata ormone del buon umore. Pertanto, un uso moderato del vino, può contribuire ad alleggeri­re lo stato di tensione provocato dalle ambasce della vita e sti­molare gli aspetti sintonici più piacevoli e dinamico-creativi della personalità umana.

Ha una funzione importante in geriatria perché grazie ai suoi be­nefici effetti sembra allungare di circo quattro anni la vita rispetto ai tristi astemi. Il vino tramite l'alcol, regola l'appetito agendo sulla serotonina responsabile del senso della sazietà e della fame, la riduzione di questo ormone è collegata ad un incremento dell'enzima triptofano-pirrolasi che diminuisce la quantità dell'amminoacido triptofano per la sintesi della serotonina. Ha anche un'azione antiaggregante per la presenza delle fitoalessine (resveratrolo - quercitina - epicatechina) prevenendo la formazione e lo sviluppo dei tumori.

Sembra giusto, quindi, poter concludere affermando che il vino oltre a consentire una maggiore longevità, è l'unico componente della dieta che riesce anche a migliorare la qualità della vita ed il suo consumo moderato e responsabile, può essere considerato come parte di uno stile di vita. Di conseguenza è possibile affermare, con il grande Louis Poter, che il vino è la più sana ed igienica delle bevande.

 (*) Testo realizzato in collaborazione con Alfio Rapisarda, Gregorio Calì e Vittorio Cardaci.

 

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